Piggiase o mâ dö Rosso o cartâ 1971 - Teatro Dialettale Stabile della Regione Ligure/stagioni

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Piggiase o mâ dö Rosso o cartâ 1971

recite


Piggiase o mâ dö Rosso o cartâ

di Nicolò Bacigalupo
regia di Gianni Orsetti

scene di Tullio Mayer

attori : Laura Piccaluga, Aldo Ravera, Mario Dighero, Franco Diogene, Genny Mayer, Maria Riccobono e Tino Razzore e il giovanissimo Marco Salvo, Pier Carlo Beretta.


1971


Gli articoli dei giornali

LA CRITICA

Il secondo appuntamento dello "Stabile  dialettale"

Ripresentato con nuovi interpreti «Piggiase o ma da o Rosso o carta  in una edizione rodata e sicura che ha riscosso puntuali consensi

La Compagnia stabile regio nale ha proposto il suo secon do lavoro della stagione: « Pig giase o ma da o Rosso o car ta ».  Una ripresa che già la  passata stagione ebbe un no tevole successo di critica e di  pubblico. Vi sono tuttavia, nell ’edizione di quest'anno, diverse v ariazioni specie per al cuni attori che hanno lasciato  per ragioni diverse lo Stabile  dialettale.

PIER CARLO BERETTA

Era stato una colonna dello  stabile. Poi se ne è andato. Ed  ha fatto compagnia con Mayer  e tutto il gruppo del « Cappel lo » che. come si ricorderà, a- veva presentato « O Piovra » di  Mori. Beretta è stato sostitui to da Laerte Ottonelli. La com media ha trovato quindi un  degnissimo protagonista: Otto nelli, si sa, è uomo di teatro  valentissimo, attore dialettale  fra i più interessanti e sinceri.a.d.f
E infatti la sua interpretazione è stata di assoluto livello.  Un successo nuovo da aggiun gersi agli altri che. in questi  ultimi tempi, il bravo attore  ha conquistato.

FRANCO DIOGENE

Era, ricordate, un personaggio vi vace. Che aveva interpretato con la sua.notevole stazza  fisica. Diogene ora è allo Stabile e lavora nell'«Anconitana». Come primo esordio tea trale non è che sia stato ecce zionalmente impegnativo (non  dice, nel lavoro di Ruzante. Che  pochissime battute), ma tutta via si è inserito nel « giro gros so v del teatro vero. Il suo pò  sto è  stato  preso  da Giorgio Grassi, questo allegro protago nista che non riesce mai a starsene lontano dalla scena.
Vuol fare il regista, vuoi so prattutto fare l'attore. Perché  si diverte poltre a far diverti re). Così eccolo (piuttosto di  starsene bravo e tranquillo) nelle vesti di questa macchietta che naturalmente disegna con la notevole bravura comic
a.

LAURA PICCALUGA

Ecco la, finalmente, tornare alla ri balta. Quest'anno la giovane at trice dialettale aveva deciso di  non impegnarsi a fondo con la  compagnia. Perché? Sembrava  che desiderasse avviarsi verso  il teatro in lingua (altri sus surrano che ragioni extra-teatrali l'avevano spinta ad ab bandonare tutto). Naturalmen te però questo testo, che l’aveva  vista protagonista di va glia, non poteva tralasciarlo.  Cosi la Piccaluga è tornata. E  certamente ha dato tono e viv acità con la sua presenza.


Il lavoro, già ampiamente recensito, appare comunque ben  calibrato e piace sempre al pubblico  che ormai ha trovato  in questa Sala Carignano il suo giusto punto di incontro.  Non dimentichiamo, natural mente, gli altri attori della  compagnia che  danno la loro  indubbia prestazione: da Aldo I  Pavera,   a Mario Dighero, da  Tino Razzorc a Maria  Ricco bono.
Complessivamente il testo  sembra sempre valido e l'inter prefazione, ormai rodata  con  sufficiente ampiezza, appare  quanto mai sicura e distesa,  Gii effetti balzan fuori tutti  ed in misura forse maggiore rispetto alla passata stagione.
Gianni Orsetti, regista, ha  «levigato» ancora un poco il  tutto dando una precisa direttricc di azione.
Il successo,  dunque, s'è ripetuto con pun tuale esattezza
.

a.d..f.

IL CITTADINO 1971

UNA COMMEDIA CENTENARIA ALLA SALA CARIGNANO

Più divertenti che mai i pasticci di Rosso ö cartâ

La commedia « Piggiase u ma do Rosso o cartâ» di Nicolò Bacigalupo compie dunque cent’'anni: è stata portata in scena noi 1871.
Confessiamo di non essere in grado di poter indicare il suo primo Interprete, ne il teatro che l’ospitò la prima. A quell'epoca. Nicolò Bacigalupo aveva trentaquattro anni e alternava l'opera sua quotidiana quale tesoriere del Comune con la stesura di commedie, la traduzione in dialetto genovese di testi Illustri quali l'Eneide virgiliana e «Odi ed Epodi » di Grazio, e In felice composizione di poemetti densi di umorismo, o non precisamente castigati, quali « O pappagallo de moneghe», « O canto da rûmenta », « Montecatini » e « O pezzotto »,  «O baxo».
Al teatro in dialetto diede: «I manezzl pe- majà 'na figgia», «Ciù a puja che o mà», «Piggiase o ma do Rosso o cartâ», « Na balla de fùmme » »Un bello caxo » e « A filosofia du perruché».
I primi interpreti dei testi del Bacigalupo furono certamente i dilettanti, e. tra loro, quel Davide. Gattelli che apparteneva alla Compagnia del Teatro Nazionale (già Sant'Agostino) o che doveva in età avanzata condurre una scuola di recitazione. Del personaggi dello Steva e del Manezzi il Camelli fu certamente interprete off Accademia, poiché le recite In dialetto, al Nazionale, nell'ambito «accademico » erano severamente proibite, meno che nei periodo delle feste natalizie e carnevalesche.
Dalle mani di Castelli, i testi del Bacigalupo arrivarono prestissimo a quelle di un giovane, che s’era affacciato alla ribalta filodrammatica con autorità e personalità sempre crescente: Gilbeerto Govi. E fu proprio con i testi de i «Manezzi» e di «Piggiase ö mâ» che l’attore, dopo una ponderata vigilia dilettantesca formava compagnia regolare, si presentava ufficialmente a «Milano» e Torino (a Genova era già conosciutissimo e clamorosamente seguito) e fondava il teatro dialettale genovese
.
Eccoci dopo il ritiro di Govi dalle scene ( 1962) e dopo la sua ………….. po Manczzi trova subito abbondantissimo  materiale di «lavoro»: le liti tra i cugini Scavizzi, Manoelo e Nicolla, per via  di una casetta di 'proprietà di  entrambi; le pene d'amore di  Burtomelin e la cugina Clotilde.  avversato dal padre di lui. Manoelo: l'arrivo ili un ex-militare, Bernardo Palampi, subito appic cicato alle sottane di Manin, ragazza  con speroni, sorella del Nicolla e g li assalti di Gionin alla Rosina, servi entrambi, ma  cuori fortemente pulsanti.
Un terreno fertilissimo, per il  Manezzi: una vera bazza girando come una trottola dall’una all’altra figurina del mosaico umano,  l'impiccione tesse la sua  tela, cerca di mettere d'accordo  i due cugini Scavizzi per l'affa re della casa; s'intrufola tra le coppie di fidanzati o presunti  tali: scrive lettere a Genova per  far combinare almeno un paio  di matrimoni in contrasto con i  fidanzamento locali; e. Infine, dopo ima serie di rattelle accen trate sui Manezzi e portate ad  una temperatura di « fuoco a  bordo, si salvi chi può », la com media si placa, con un paio di matrimoni  in vista, e due dorme decise a  farsi « aiutare » da Pip po Manezzi (staranno fresche!).
La commedia centenaria è tut tora valida, nel perimetro della  sua datazione e del dialetto nostrano . E' un documento sem plice. schietto, genuino, e ne  ' scaturisce un'immagine colletti va che ha un valore di testimo nianza non  peregrina.

Vi  si riafferma una pittura  vivacissima   di tipi e macchiette  attorno al personaggio che fa   da perno a tutto il carosello; e vi si respira un'aria pura, an che se la gente s'accapiglia e si  minaccia. Nella ingenuità, nel  i gioco eccessivamente facile il lavoro olo del Bacigalupo non cade  mai; e qui ci si può ricordare dei versi  (anche quelli più arrischiati del signor Nicolino tesoriere a Tursi, e attento — non diciamo cattivo ma neppure,  bonario — fustigatore del costu mi del suo tempo.

La regia di   Gianni Orsetti ha parecchi meriti: la stretta os servanza del testo originale, la

Allo Stabile Dialettale

Il Rosso il cartaio di nuovo in scena

«Piggiase ö mâ do Rosso ö cartâ» di Nicolò Bacigalupo uno dei più celebri cavalli di battaglia di Gilberto Govi è ritornato (dopo quarant’anni) sulle scene genovesi. Ad un secolo esatto dalla nascita della commedia è presentata alla sala Carignano dalla compagnia Teatro stabile dialettale della regione ligure.
Questa commedia prende il titolo da un detto che ricorda le vicende di un tal Rosso, cartolaio a Soziglia, che aveva l’abitudine di voler mettere sempre giustizia negli affari degli altri .
Il Rosso finì impiccato e finisce male (seppur vivo) anche il suo emulo teatrale Pippo Manezzi, un vecchietto impiccione e provoca guai. La storia è tutta qui, né varrebbe insistere sugli altri risvolti con Manezzi che cerca di combinare matrimoni e sfasciarne altri, e si impone come mediatore di affari altrui.
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La commedia è gustosa e non risente del lungo periodo in naftalina. Si può dire che, soprattutto nel secondo atto e in parte del terzo questo «Rosso ö cartâ» sia il colpo di maglio più riuscito allo Stabile Dialettale da un po’ di tempo in qua. chi avesse visto la commedia nell’edizione goviana troverà notevoli differenze , poiché quella presentata dallo stabile dialettale è senza mattatori, con nove attori tutti impegnati in egual misura e ugualmente bravi soprattutto nelle scene corali .
Tra gli interpreti ricordiamo Laura Piccaluga, Aldo Ravera e Mario Dighero, Franco Diogene, Genny Mayer, Maria Riccobono e Tino Razzore e il giovanissimo Marco Salvo ( nipote dell’attore Andrea Salvo che costruisce efficacemente la parodia di un ex militare spaccamontagne e scroccone. Pier Carlo Beretta, simpatico e umanissimo è Pippo Manezzi il personaggio tanto caro a Govi.
La regia è di Gianni Orsetti impegnato nella ricerca del nuovo nel tradizionale; Tullio Mayer firma le scene che ricreano un angolo definitivamente scomparso della Valpolcevera.
Calorosa l’accoglienza del pubblico.
Repliche.